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Guatemala City è una delle città più pericolose del Sudamerica e la cosa fù evidente fin da subito. Guardie armate dentro e fuori dai negozi e dai locali, autisti di autobus e tassisti armati. E’ molto frequente poi incontrare per strada episodi di violenza e omicidi per le continue rapine.
Ti starai chiedendo cosa c’entri tutto ciò con il mio matrimonio? Se ci pensi, anche l’organizzazione del tuo matrimonio nasconde pericoli ed insidie, certamente non così estremi, ma comunque importanti. Sappiamo bene come la sposa spesso sia sola nelle scelte, non sempre trova operatori del settore trasparenti che la sappiano aiutare e si trova disorientata nell’affrontare tutta una serie di scelte che determineranno il successo del suo matrimonio. Condividendo con te questa mia esperienza vorrei darti degli spunti che possano aiutarti in alcune delle scelte che farai.
La prima tappa per il mio lavoro, a Guatemala City, è stata la documentazione della piaga dell’AIDS e grazie al supporto di Medici senza Frontiere ho potuto visitare diverse cliniche sia nella capitale sia in tutto il paese e conoscere quindi dal di dentro questa realtà. Nelle cliniche di MSF i malati di AIDS vengono sottoposti a cure adeguate grazie alle quali, se presi per tempo riescono a condurre una vita quasi normale. Questo a differenza della situazione negli ospedali locali dove i trattamenti sono quasi inesistenti per gli altissimi costi. Purtroppo l’HIV è una piaga enorme nel paese, molto per l’ignoranza rispetto al contagio della malattia, ma anche per le abitudini.
MSF ha strutture dove vengono ricoverati i pazienti che non sono stati presi in tempo, quindi terminali. Ho passato molti giorni in queste strutture, iniziando con lo stabilire un contatto. La maggior parte erano in situazioni critiche. Era comunque importante per me stabilire una relazione, seppur minima, prima di fotografarli. Non volevo solo rubargli una foto, volevo prima conoscerli e che fossero loro stessi a comunicare attraverso i loro sguardi, attraverso la loro complicità con me. Con alcuni siamo stati ore a parlare. Mi hanno raccontato la loro storia e di come avevano contratto la malattia. All’inizio erano molto diffidenti, poi è stato quasi liberatorio. E’ stato necessario un coinvolgimento emotivo grande da parte mia per raccogliere tutte quelle testimonianze. Ma è stato necessario che loro mi accettassero, capissero ed io entrare in sintonia, anche solo attraverso dei sorrisi, guardarli negli occhi per fare quegli scatti. MSF fa ancora delle campagne con quelle foto a distanza di anni.
Questa esperienza vissuta in prima persona mi ha insegnato che anche in altri ambiti della fotografia, nel matrimonio principalmente, è fondamentale usare la tecnica di costruire la relazione con il soggetto prima di fotografarlo. In realtà è quello che dicono anche i grandi maestri della fotografia, ma che molto spesso i fotografi ignorano per superbia, pensando di essere bravi comunque. Ma per quanto la foto sia bella, non si riesce ad arrivare a quel grado di empatia che fa la differenza. Uno sguardo, un gesto in cui sei veramente te stesso perché ormai non hai più barriere e diffidenze che limitino il tuo modo di essere.
Senza la preparazione dello scatto e senza creare una relazione con i soggetti, le foto sono spesso prive di anima. Questo vale per la fotografia di reportage vero, sia per i ritratti, sia per le foto di matrimonio. Senza la Relazione è difficile arrivare ai sentimenti veri e alle emozioni straordinarie del tuo matrimonio. Ma serve anche e soprattutto per mettere a proprio agio i soggetti davanti alla macchina fotografica. Perché gli sposi normalmente non sanno cosa fare e non sono a proprio agio. La relazione non si crea in cinque minuti il giorno stesso del matrimonio come fa la maggior parte dei fotografi di matrimonio. Perché non lo fanno?
Continuando nel mio racconto, era la fine di ottobre e c’era in concomitanza con la festa dei morti. Festa molto sentita in Guatemala. Il paese si ferma completamente. Non potevo raggiungere altre zone del paese colpite dall’uragano Katrina, decido quindi di andare a Santiago Sacatepequez, una cittadina a pochi km dalla capitale, dove c’è una tradizione che mi ha colpito molto. Infatti ogni famiglia trascorre il giorno dei morti al cimitero pranzando e cenando con i propri morti. Capita spesso che si incontrino famiglie “rivali” e si riaccendano dispute vecchie di decenni. A volte si arriva anche a feriti e morti! Ciò che lo rende speciale però, è l’abitudine di fare volare degli aquiloni di ogni foggia, colore e misura, come ideale collegamento tra i vivi e i morti. In quel giorno il cimitero diventa uno spettacolo di colori e aquiloni, dal più piccolo ai più grandi alti oltre i 10 metri, solo ornamentali.
In questo paese, di grandi disuguaglianze, ingiustizie sociali e violenza c’è spazio per la poesia di un aquilone carico di significati che vola libero nel cielo.
Fotografare in Guatemala in genere non è semplice. Quando vedono un fotografo, le persone o si coprono o si mettono in posa. Noi cerchiamo foto Naturali, veritiere, non gente in posa. A meno che non siano ritratti o ce le chiedano. Il segreto è sapere entrare in sintonia con le persone, farli abituare a te e portarli a fare si che non ti notino più. A volte hai solo pochi minuti, altre volte hai la fortuna di avere più tempo per creare la relazione con il soggetto. Più tempo hai, più le foto saranno belle ed autentiche, perché entrerai sempre più in sintonia con chi hai difronte.
Ma perché quando è possibile non iniziamo a creare questa relazione molto prima per mettere a proprio agio i soggetti? Non ci vuole moltissimo!
Se ci pensi è il caso del matrimonio. Soprattutto nella fase della “passeggiata” tra la cerimonia e ricevimento, in cui sia ha spesso poco tempo perché gli sposi hanno fretta di andare dagli invitati e unirsi alla festa.
In questa situazione se non hai preparato gli sposi alla presenza del fotografo, e spesso anche dei videomaker, la spontaneità rimane nelle intenzioni. Gli sposi non sanno che fare, iniziano a parlare nervosamente, guardano verso il fotografo altrettanto nervosamente come a chiedere “che faccio?” e l’unica cosa spontanea che gli verrà, forse, qualche bacio. Magari neanche quello visto che il fotografo, visto che i soggetti non sono a proprio agio, penserà bene di continuare a dire, bacio! Bacio!! E il fotografo è lì a tre passi. Non è scomparso come li aveva promesso. Oppure inizierà a dire barzellette, farvi saltare, correre e mettervi in posizioni bizzarre. Ma non doveva essere reportage e lui doveva sparire?
Io allora mio chiedo; perché ridursi al giorno del matrimonio quando possiamo iniziare già da molto prima ad instaurare una relazione e fare delle azioni che portino poi gli sposi ad essere a proprio agio, naturali e spontanei.
Proprio per GARANTIRE agli sposi vera SPONTANEITÀ, NATURALEZZA e AUTENTICITÀ abbiamo creato il METODO BEYOURSELF.
Io non so se questo mio racconto salverà il tuo matrimonio, ma so che sarà di grande aiuto per te conoscere il segreto della spontaneità e il METODO BEYOURSELF, seguendo questo link www.beyourselfphoto.info.